martedì 26 maggio 2020

C'ERA UNA VOLTA....



La storia della tartaruga saggia.

Questa storia mi ricorderà per sempre il particolare periodo che abbiamo trascorso "reclusi in casa" a causa del Covid-19, mi ricorderà sempre quelle piccole cose quotidiane con cui ho cercato di riempire le giornate per sopravvivere all'ansia ed alla paura che ci hanno attanagliato un po' tutti, mi ricorderà sempre uno dei "giochi" che Rosanna, la mia insegnante di Tai Chi, ha proposto a noi, suoi allievi, consistente nell'inventare ogni giorno, a turno, una breve  storia che fosse ispirata ad uno dei tanti esercizi  di Tai Chi.
Quello che non mi aspettavo è che, poco per volta, si è venuto a creare un "filo" tra queste storie portando a creare una storia comune.

Qui, in Fatapiumetta, riporto una parte del racconto da me pensato per quell'occasione che è stato ispirato dall'esercizio che viene chiamato "LA TARTARUGA SACRA SGUAZZA".

Ecco la mia storia:


C'era un tempo, ormai molto lontano, in cui la tartaruga non aveva alcun carapace.
Era primavera, una bella giornata di sole tiepido, quando la tartaruga uscì sbadigliando dalla tana dove aveva trascorso il letargo: un duro guscio, cavo, che aveva trovato per strada.
La natura, come lei, si stava risvegliando perciò la tartaruga sentiva nell'aria profumi di erbe e di fiori invitanti.
Camminava lenta perché, ad ogni passo, vedeva qualche cosa di bello, di colorato, di profumato e di gustoso che valesse la pena di essere a lungo contemplato, guardato, odorato, ascoltato, assaporato.
Così, lemme, lemme, trascorse il periodo della primavera e dell'estate.
Di giorno si avventurava un po' e di notte si fermava su un giaciglio di morbide foglie a contemplare le stelle del cielo.
Con il passare dei mesi le stelle della notte cominciarono ad essere oscurate da nubi sempre più spesse e, nelle giornate autunnali, la povera tartaruga si trovava spesso completamente inzuppata.
Il morbido giaciglio di foglie si era completamente allagato e la tartaruga, bagnata fradicia, sospirò: "Ah, se avessi conservato la casetta che avevo trovato come riparo l'inverno scorso, non mi sarei ridotta così!"
Così, appena le nuvole si diradarono, decise di tornare sui suoi passi.
 Tornò indietro nel nascondiglio, prese quello strano guscio cavo dove aveva abitato, se lo mise sulla schiena, lo allaccio' sul davanti per tenerselo stretto e sorrise contenta pensando: "Da oggi in poi i temporali non mi prenderanno più alla sprovvista, andrò sempre in giro portando la mia casa con me."
Ma le sorprese per Tartaruga non erano finite.
L'inverno, o meglio quell'inverno, in quel, tempo ormai lontano, fu anticipato da un vento gelido e sferzante che passava attraverso le aperture del guscio che portava sulla schiena e nonostante passasse lì, ritirata, buona parte della sua giornata, c'erano troppi spifferi.
 Tartaruga non sapeva più cosa fare, il gelo la stava attanagliando.
Per di più la neve aveva cominciato a ricoprire ogni cosa e essa non riusciva a trovare nulla da mangiare.
Tuttavia non si scoraggio'.
Con le forze che le rimanevano e le spesse unghie che madre natura le aveva donato, scavo' una profonda buca, lentamente ma incessantemente, giorno dopo giorno, finché, ad un certo punto si sentì così stanca che chiuse gli occhi, lì, in quella cavità nella profondità della terra, che odorava di umido e di radici, e si addormento'.
Dormi a lungo e molto profondamente, così profondamente che quando si svegliò non riuscì neppure a capire quanto tempo era passato.
Il gelo aveva lasciato il posto ad un tiepido sole che preannunciava una nuova bella stagione.
La saggia Tartaruga aveva trovato non solo una casa resistente e leggera da portare sempre con se in ogni luogo (che decise di chiamarla CARA-PACE, "cara" perché le era stata cara, preziosa e "pace"...perché ci si stava proprio bene dentro)   ma aveva anche, con determinazione, trovato un modo per sconfiggere i rigori dell'inverno scavando incessantemente per crearsi un rifugio nella profondità accogliente della Madre Terra.

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